giovedì 24 dicembre 2015

Lavoro e dignità: il mio post di Natale

Qualche settimana fa, passando con l'auto in un incrocio dei più trafficati della mia città, mentre ero fermo al semaforo - uno dei pochi, visto che Terni è la città delle rotonde - mi sono accorto che, fuori dall'auto, sul marciapiede, c'era una persona che camminava con un cartello in mano.

Ero abbastanza di fretta: come al solito con mille cose da fare, e i pensieri tutti rivolti al lavoro.

Ma notai che, questa persona, sul cartello, aveva scritto "CERCO LAVORO".

Era ben vestito, scuro in volto.



Il mio primo pensiero, è stato quello di dargli dei soldi.
Poi, mi sono accorto che, a differenza di tutti quelli che avevo visto - spesso - presso quell'incrocio, con quel cartello, non passava per chiedere soldi in mezzo alle auto.

Aveva in mano dei bigliettini.
Lui cercava veramente lavoro. Non voleva la mia elemosina.

Mi sono vergognato un po' per il mio precedente pensiero, ed ho avuto voglia - non solo per un attimo - di averlo davvero quel lavoro da dargli.

Nelle settimane successive, quel tizio non l'ho più visto.
Mai più, anche se passo spesso per quell'incrocio.

Mi piace pensare che, il lavoro, lo abbia trovato.

E mi piace pensare, visto che a Natale siamo tutti teoricamente (ed ingiustificatamente) più buoni, che chi lavora, possa sempre essere retribuito il giusto. Purtroppo, ormai, certi dati sulla disoccupazione, paiono cronici: sembra che non si possa tornare indietro, perché il lavoro non c'è.

Ecco, oggi mi piace sognare in piccolo: non "lavoro per tutti", ma almeno "soldi per chi lavora". Che, il nostro settore, il fumetto, forse è messo un po' peggio degli altri: non è detto che tutti riescano a sbarcare il lunario, anche se lavorano, perché c'è chi regolarmente non paga.
E' un po' il segreto di Pulcinella, tutti lo sanno ma ovviamente nessuno ne parla.
Ma c'è chi regolarmente non paga. O paga in ritardo: con molto ritardo.

Ecco: iniziamo a pagare chi lavora.
Perché il lavoro concorra (effettivamente) al progresso materiale o spirituale della società, garantendo dignità a chi lo svolge, che non si senta un reietto, uno sfigato, perché semplicemente non ha soldi da portare a casa. Anche se ha sudato tutto il giorno.

Permettetemi di dirlo: queste persone, probabilmente, soffrono più di chi non lavora.

E, chi permette queste cose, non si merita di poter continuare a dare lavoro. A stare sul mercato.
Perché è una di quelle persone che fa la voce grossa coi dipendenti, coi "piccoli" si comporta da bullo. Ma coi grandi, sta zitto in un angolo.

Speriamo che questo Natale, e il 2016, portino buone notizie per tutti quelli che lavorano "gratis".
E finalmente ci tolga dalle scatole almeno qualcuno di questi soggetti: possiamo farne tranquillamente a meno...


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